La storia letteraria di un popolo non è già un elenco delle opere scritte nella lingua nazionale; ovvero una successione di giudizi estetici e di biografie di autore: è invece la rappresentazione della vita spirituale del popolo rintracciata nei canti e nelle funzioni dei suoi poeti, nella meditazione e nelle memorie dei suoi sapienti, insomma nella sua letteratura la quale riflette perciò le vicende della civiltà e l'opera dei fattori che agirono in questa.
(Natalino Sapegno)
La storia della letteratura italiana ha inizio nel Duecento, quando nelle diverse regioni della penisola italiana si iniziò a scrivere in italiano con finalità letterarie.
Gli storici della letteratura individuano l'inizio della tradizione letteraria in lingua italiana nella prima metà del XIII secolo con la Scuola siciliana di Federico II di Svevia Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero, anche se il primo documento letterario è considerato il Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi. La diffusione del messaggio poetico parti dunque dalla contea, e quando usci dai suoi ristretti confini per diffondersi in maggiore libertà nei comuni toscani e a Bologna, fu per molto tempo il dovere di una sempre più nota autorità comunale. Anche quando la Sicilia passò il testimone ai grandi poeti toscani, coloro che scrivevano d'amore vi associarono, seppure in maniera fresca e nuova, i contenuti filosofici e retorici assimilati nelle prime grandi università, prima di tutto quello di Bologna, prima università per antichità e respiro culturale. I primi poeti italiani provenivano dunque da un alto livello sociale, e furono soprattuto notai e dottori in legge che arricchirono il nuovo volgare dell'eleganza del periodare latino che conoscevano molto bene attraverso lo studio di grandi poeti latini come Ovidio, Virgilio, Marco Anneo Lucano. Ciò che infatti ci permette di parlare di una letteratura italiana è la lingua, e la consapevolezza nella popolazione italiana di parlare una lingua, pur nata verso il X secolo d.C., si emancipa completamente dal promiscuità col latino solo nel duecento.
Come scrive Giuseppe Petronio: " Il carattere distintivo che ci permette di parlare di una letteratura italiana è la lingua".
"Sarebbe stato impossibile determinare un momento in cui il latino abbia cessato di essere la lingua comunemente usata dal popolo e abbia ceduto il posto alle lingue nuove: sia perché tale trapasso dovette svolgersi diversamente e in diversi tempi nei differenti luoghi, sia perché soprattutto è assurdo scientificamente parlare del nascimento di un linguaggio, il quale non nasce ,ai e non muore bensì continuamente si trasforma".
L'Italia nel periodo romano e la letteratura latina
Nell'VIII secolo a.C. Roma aveva iniziato ad espandersi conquistando, nel corso di alcuni secoli, le varie regioni della penisola italiana, abitate da popoli differenti sia per lingua che per razza, unificandoli e dando così l'avvio ad un letteratura latina che produsse grandi scrittori tra i quali Lucrezio, Catullo, Cicerone, Virgilio, Orazio, Livio, Oviedo e Tacito.
Ma qualche secolo dopo Cristo l'Impero romano iniziò progressivamente a decadere e nel territorio penetrarono popolazioni di razza diverse, prevalentemente di origine germanica, che i Romani chiamarono barbari. Questo portò allo sfasciarsi dell'impero che si divise in diversi stati con storie separate, anche se alcuni di essi rimasero legati tra di loro, sia per il fatto di parlare la lingua latina, sia per il fatto di aver aderito alla religione del Cristianesimo.
L'Italia nel periodo medievale e la letteratura medievale
Con la detronizzazione dell'ultimo imperatore romano, nel 476 d.C., il potere passò a un re barbarico e L'Italia venne soggiogata dai germanici fino al 553 quando, con la battaglia del Vesuvio, L'Impero romano d'Oriente, costituito dai Bizantini, riuscì a rioccupare una parte dell'Italia. Nel 568 però, con la discesa in Italia dei Longobardi, che riuscirono a conquistare un'altra parte della penisola, si assistette ad una divisione politica, amministrativa e linguistica.
In questo periodo la cultura della penisola italiana, sia a causa delle condizioni economiche che si erano notevolmente aggravate, sia per le invasioni barbariche e altre cause, si abbassò notevolmente e la lingua iniziò un'evoluzione diversa secondo le regioni e i differenti strati sociali.
Da una parte ci sono le persone colte, i cosiddetti chierici appartenenti al clero e in un grado di leggere e di scrivere, che continuarono a parlare, e anche a scrivere, in latino e dall'altra le persone non colte, i laici, che, incapaci di leggere e di scrivere, utilizzavano dialetti che avevano un'origine latina ma col passare del tempo andavano sempre più allontanandosi e diversificandosi da essa.
Nacque così in Italia una letteratura nuova composta in latino medievale o mediolatino che rispecchiava la nuova civiltà: la civiltà medievale.
Come scrive Alberto Asor Rosa "…é dall'intera maturazione di questa ( con tutti i fenomeni linguistici, ideologici e sociologici che l'accompagnano e ne derivano) che si produce a un certo punto una nuova cultura fondata essenzialmente sull'uso dei linguaggi volgari". Quindi si formò un nuovo linguaggio. Il Volgare.
L'Italia del periodo comunale e le letterature in volgare
Con la ripresa economica che si manifestò dopo il Mille e che vide la nascita della città, nacquero dei nuovi ceti cittadini appartenenti agli artigiani, ai mercanti o agli industriali, che, pur essendo laici, sentivano il bisogno di possedere una cultura e di esprimersi in modo letterario. Costoro pertanto iniziarono ad utilizzare i loro dialetti di origine latina, i volgari, per rivolgersi non solamente ai chierici, ma a tutti i laici che erano in grado di comprendere il volgare, spesso se letto o recitato da altri.
I primi scritti in volgare sono di carattere religioso nei quali si obbligano gli ecclesiastici a rivolgersi ai fedeli, nel corso delle prediche, nella loro stessa lingua come viene stabilito da Carlo Magno nell'813 durante il Concilio, di Tours e spesso formule di giuramenti come il Giuramento di Strasburgo del 14 febbraio dell'842, quando si assistette al giuramento di Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico davanti ai propri eserciti, il primo in francese antico e il secondo in francone.
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