Montag, 10. September 2012

Il Vesuvio


Il Vesuvio, nell’immaginario collettivo fa da sfondo alla classica cartollina di Napoli: in primo piano ci sono la città e il suo golfo, dietro c’è lui, maestoso e placido come un gigante inoffensivo.
E pensare che proprio cosi, assolutamente inoffensivo lo credevano anche gli antichi.
Intellettuali latini, come Seneca, Vitruvio, Plinio il Vecchio e altri lo definivano, locus amoenus, cioè „luogo ameno“ ideale per coltivarvi  giardini e vigneti.

Invece la notte del 24 agosto 79 d.C. il „luogo ameno“ si trasformò in inferno, eruttando e distruggendo intere città come Ercolano, Stabia e Pompei.
Non la smise di giocare col fuoco nemmeno in seguito: in particolare tra il 1631 e il 1644, data dell’ ultima forte eruzione, il Vesuvio terrorizzò più che incantare.

Ora pare essersi messo tranquillo, ma ci tiene a far sapere a tutti che è vivo e vegeto: Nel cratere è tutto in pullulare di fumarole.

All’ esterno ci si fida del suo buon cuore, visto che sulle pendici della montagna sono abbarbicati decine di comuni. Il pericolo c’è, lo sanno tutti. Ma è tale e tanto l’amore per questa terra, che chi ci è nato non se ne andrebbe mai.

Il turista magari non si lascerà il cuore, ma il colpo di fulmine per il Vesuvio può essere immediato.

Pompei, Torre del Greco, Ercolano, Boscoreale, Trecase, San Guiseppe Vesuviano, Cercola e tanti altri paesi sono tutt’uno con il vulcano e regalano scorci paesaggistici e architettonici che lasciano senza fiato.

Poi c’è lui, il Vesuvio che si lascia visitare senza brontolare troppo, come un anziano cagnone sonnecchiante.

Il parco Nazionale del Vesuvio, istituito nel 1995, è il suo „tutore“ d’eccezione, che insegna ai visitatori in arrivo da tutto il mondo  come avvicinarlo senza farsi male.

Il modo più semplice per scoprire il vulcano da vicino consiste comunque nel prendere l’auto, seguire la strada che costeggia la colata lavica del 1944 e arrivare al parcheggio in quota.

Poi si prosegue a piedi e, come al cinema, si paga il biglietto. Ne vale la pena, perché mai nessun film potrà raccontare l’incredibile visione del cratere vero e proprio antro infernale largo ca 550 metri e profondo 160.

Contattando una delle varie cooperative turistiche locali, poi, si può arrivare allo spiazzo dove un tempo cominciava la vecchia funicolare. Oggi è totalmente in disuso e ricoperta dalla vegetazione, ed è lecito chiedersi: che senso a vederla?

Il senso c’é, eccome. Su questo funicolare, inaugurata nel 1880 e distrutta dall’eruzine del 1944, Luigi Denza compose su ordine dei costruttori una sorta di gingle pubblicitario. Era una canzoncina semplice semplice, che a un certo punto faceva „funiculi, funicula....“ ed è divenuta inaspettatamente uno dei motivetti napoletani tuttora più cantati al mondo.

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