Samstag, 9. Februar 2013

Narni


Narni era il nome latino che i Romani, dopo la conquista del 299a:C., avevano dato all'insediamento umbro di Nequinum, l'attuale Narni, una cittadina in provincia di Terni arroccata su uno sperone di roccia, dal quale domina la valle del fiume Nera che si stende ai suoi piedi.

Arriviamo in città di mattina. Una leggera foschia sembra voler aggiungere un tocco di misterioso incanto al borgo, sul quale domina l'imponente rocca fatta costruire nel XIV secolo dal cardinale spagnolo Gil Alvarez de Albornoz e che rappresentava all'epoca, oltre che una difesa, anche l'emblema dell'autorità papale sulla città e il suo territorio.
Oggi la maestosa fortezza ospita un parco tematico medievale in cui sono stati ricostruiti, con attenzione filologica, l'accampamento militare, il villaggio trecentesco e il mercato. All'interno della rocca si tovano la sala delle armi, la sala dei costumi e la sala della musica. Nei fine settimana di apertura del parco, si svolgono eventi di vario genere - come spettacoli di sbandieratori, concerti di musica medievale e danze storiche, gare di tiro con l'arco - sempre legati al Medioevo. 
Lasciamo l'atmosfera incantata del castello per tornare in paese, dove ci aspetta Roberto Nini per accompagnarci nel nostro breve giro per le vie della città - sulla quale nel frattempo splende il sole - prima di mostrarci qualcosa che promette di essere davvero sorprendente. Narni è un piccolo scrigno in cui sono racchiusi i tesori del suo passato. Durante il nostro tour siamo più volte tentanti di fuggire dalla nostra guida, attratti dagli archi di pietra che sembrano fare da ornamento agli stretti vicoli. Da Piazza Garibaldi, dove ci troviamo, è già possibile di ammirare l'imponente costruzione della Cattedrale di Narni. Il nucleo originario della chiesa dedicata a San Giovenale, primo vescovo di Narni, venne costruito tra l'XI e il XII secolo per poi essere ampliato e trasformato nei secoli successivi. Basta entrare e portarsi all centro della chiesa per ammirare, quasi in un unico colpo d'occhio, l'armonia della costruzione, in particolare la semplicità delle tre navate in stile romanico dell'impianto originario. 
Lasciamo la Cattedrale e ci avviamo per Via Garibaldi, la via del passeggio di Narni, che conduce in Piazza dei Priori, dove si trovano il Palazzo del Podestà e il Palazzo dei Priori. Prima di arrivarci, Roberto insiste per farci visitare il Teatro comunale. La costruzione risale alla metà del XIX secolo ed è particolare proprio perché è incorporata nel preesistente contesto medievale. La costruzione risale alla metà del XIX secolo ed è particolare proprio perché è incorporata nel preesistente contesto medievale. Ne risulta , come ci mostra Roberto, una piccola bizzarria architettonica. A chiudere il palco, infatti, non troviamo il classico fondale, ma i muri di un edificio medievale le cui porte immettono direttamente su una via adiacente al teatro. Per ingrandire il palcoscenico venne infatti inglobato nel teatro un intero vicolo.
Ma il tempo stringe e Roberto è impaziente di mostrarci la sua "sorpresa". Proseguiamo dunque la nostra visita della città incamminandoci lungo Via Mazzni, dove si trova la chiesa romanica di Santa Maria Inpensole, eretta nel XII secolo. È ora di avviarci verso la parte settentrionale della città, per ammirare "l'altra Narni". Si, perché oltre alla Narni, diciamo così, di superficie, ne esiste una sotterranea. A questo punto dobbiamo calarci, è proprio il caso di dirlo, in un mondo di fiabia e mistero. 

Narni sotterranea
Sembra una storia uscita dalla penna di Clive Staples Lewis, quella che ci racconta Roberto all'ingresso della "sua" Narni. Anche qui, come nelle Cronache di Narnia, ci sono dei ragazzi curiosi in cerca di avventura e anche loro, in qualche modo, hanno aperto una "porta" su un mondo straordinario e affascinante.
Tutto ha iniziato tanti, tanti ani fa. Roberto e i suoi amici avevano circa 10 anni e, come tutti i bambini, amavano giocare nei campi. In quel periodo il loro posto preferito era l'orto di un certo Ernani, il quale naturalmente non era contento di veder giocare quei mocciosetti tra i suoi pomodori e la sua insalata.  Così un giorno, per liberarsene, Ernani disse ai bambini di scavare in un certo punto del terreno, a debita distanza dalla sue piante, perché li avrebbero trovato un tesoro. Ernani non lo sapeva, ma proprio là sotto, dove aveva detto di scavare, giaceva davvero un tesoro, di pietra, ma dal valore inestimabile.
Sotto Narni si nascondeva di fatto un'altra città e le scoperte di Roberto e dei suoi amici, che nel frattempo, alla fine degli anni Settanta, avevano fondato il Gruppo speleologico Utec, avevano dell'incredibile: "In un primo momento non ci hanno nemmeno creduto, ci hanno preso per matti". La cavità indicata da Ernani nascondeva i resti di una chiesa del XII secolo con il soffitto decorato da un cielo stellato e affreschi rappresentanti l'Arcangelo Michele, la Vergine Maria, la luna e il sole. Non fu che l'inizio. Narni sotterranea é attraversata da un'infinità di cunicoli in cui si trova di tutto: pozzi etruschi, frantoi, cave di pietra. Negli anni sono stati rinvenuti anche una cisterna romana e una parte dell'antico acquedotto risalente al I secolo d.C. Infine, ecco la scoperta più interessante e inquietante allo stesso tempo.
Al fondo di un lungo corridoio sotterraneo si trova una grande sala a volta che, come si scoprirà, ospitò la stanza degli interrogatori del Tribunale del l'Inquisizione. La scoperta è sensazionale e, dopo molto ricerche, Roberto è riuscito anche a dare un nome al misterioso prigioniero che ha lasciato tracce così evidenti del suo doloroso soggiorno nelle celle della Santa Inquisizione. Si tratta di un certo Giuseppe Andrea Lombardini, caporale delle guardie dell'Inquisizione  di Spoleto, incarcerato nel 1759 con l'accusa di avere aiutato a far fuggire un prigioniero.  Starremmo ad ascoltare i racconti di Roberto per ore, ma è tempo di tornare in superficie e di partire per Orvieto.







Freitag, 8. Februar 2013

L'Italia a Tavola



Piccolo, ricche e fortunate
Manca poco a capodanno e dobbiamo essere pronti al grande rito. no. non quello dei fuochi d'artificio, ma quello che ti riempie le tasche di soldi. Almeno così dicono: si crede che chi al Cenone di Capodanno mangia le lenticchie guadagnerà tanti soldi. Poi non succede mai, come forse no è mai successo ai tempi dei Romani, quando la tradizione è nata. A quell'epoca infatti, durante le feste, il regalo più comune era una "scarsella" (ciò una borsa in pelle) piena di lenticchie, con l'augurio che si trasformassero in monete. 

Ora che lo sappiamo, ci piace ancora di più questo legume che è "povero", ma buono, fa bene e che, inoltre, conosciamo da tantissimo tempo. Se infatti per lo scienziato siamo di fronte al seme di una pianta Lens esculenta, che appartiene alla famiglia delle leguminose, lo storico per trovare le prime tracce di lenticchie a tavola deve tornare alla preistoria. Se studiamo i fossili, scopriamo che gli uomini hanno cominciato a coltivare le lenticchie nel 7.000a.C. nel'Asia sud-orientale. Nei secoli successivi, troviamo le lenticchie in tutta la zona Mediterraneo. In Turchia si coltivano dal 5.500 a.C., poi si diffondono in Egitto, in Grecia, a Roma. Troviamo traccia delle lenticchie addirittura nella Bibbia. ("…allora Giacobbe diede a Esaù del pane e della minestra di lenticchie", Genesi, 25,34), anche se per leggere le prime ricette un po'raffinate dobbiamo aspettare il cuoco e scrittore latino Apicio ("Lessetale in acqua. poi preparate a parte una salsa pestando pepe, cumino, coriandolo, foglie di menta, ruta e puleggia. Bagnate poi con miele, mosto cotto, salsa d'acciughe e aggiungete alle lenticchie").

A parte questi "eccessi" di condimento, amatissimi ai tempi dei Romani e forse un po' meno ai nostri, la lenticchie  è buona sempre e comunque. E soprattutto, pochi piatti costano così poco e fanno anche bene. Le lenticchie sono ricche di proteine e infatti, nel Medioevo, la gente ha cominciato a mangiarle al posto della carne nei giorni di digiuno del venerdì o anche durante le carestie. Piatto dei poveri amato nei secoli dei più raffinati gourmet di tutto il mondo, che, a seconda della posizione geografica, possono usare  lenticchie diverse: nelle Americhe piattono molto le lenticchie gialle e verdi con seme grande; in Europa, lungo le coste del Mediterraneo, so preferiscono quelle a seme piccolo di color arancio, rosso o marrone.


E in Italia? L'Italia è la patria della lenticchia, anche se succede come per il frumento: la domanda è così alta che la quantità che produciamo (750 tonnellate all'anno) non è sufficiente. Così importiamo  altre 24'000 tonnellate di lenticchie soprattutto dal Canada, dalla Turchia e dagli Stati Uniti. Tuttavia nelle botte piccola c`è il vino buono e le lenticchie italiane sono considerate da tutti le migliori. 

La "regina" è la lenticchia di Castellucio di Norcia, in Umbria, che ha ottenuto il marchio Igp (Indicazione geografica protetta). Coltivata sotto il paese di Castellucio, che si trova su una montagna, in una bellissima zona naturale, la lenticchia di Castellucio è famosa per il suo gusto delicato e per le dimensioni, circa 2mm di larghezza. Sempre in Umbria abbiamo le lenticchie di Colfiorito, mentre altrove troviamo la lenticchia verde di Altamura, in Puglia, grande e adatta ai contorni; la lenticchia di Villalba, in Sicilia; la lenticchia del Pollino, una new entri promossa dal 2005; la lenticchia di Ustica, piccola e ricca di gusto grazie al terreno vulcanico, color marrone scuro;  quella di Santo Stefano di Sessanio, in Abbruzzo, che si coltiva in terreni secchi di alta montagna, tra i 1.200 e i 1.450 metri; E poi, ancora, ci sono le lenticchie di Ventotene, delle Eoli, di Mormanno. Tutte amatissime dai gourmet ma anche dal dietologo, il quale afferma che la ricchezza di fibre delle lenticchie fa bene all'intestino e le rende ideali anche per abbassare il colesterolo. In più, grazie alla buona qualità delle proteine contenute, diventano una "bomba" nutritiva adatta soprattutto ai ragazzi, in particolare se mangiate con i cereali (pane pasta, riso). Come tutte le specialità gastronomiche della cucina italiana, bisogna saperle cucinare nel modo migliore. È meglio usare quelle secche perché sono più ricche di sostanza nutritive, anche se ci vuole più tempo per cucinarle. Si devono tenere in acqua da 4 a 12 ore (dipende da tipo di lenticchia) e poi si cuociono in poca acqua, come consiglia chi le produce. Ma ne vale la pena. Anche perché a Capodanno il cotechino non può stare in un piatto vuoto, senza le lenticchie. E poi bisogna sempre considerare che, oltre al palato, è contento il portafoglio: forse, una volta nella vita….